Non abbandonare le aree interne: l’appello dei vescovi italiani

Condividere le buone prassi per una proposta pastorale per le Aree interne: è stato l’obiettivo dei Vescovi di tali territori nell’incontro del 25 e 26 agosto a Benevento.

Alla fine del convegno, la lettera firmata dai presuli – e anche dal nostro arcivescovo Luigi Vari – invita governo e Parlamento a non rassegnarsi allo spopolamento dei piccoli centri, ma a valorizzarne le potenzialità con politiche coraggiose e durature. Con parole decise, i firmatari contestano la prospettiva che descrive lo spopolamento come un processo ormai irreversibile e formulano alcune proposte, così che «si favoriscano esperienze di rigenerazione coerenti con le originalità locali e in grado di rilanciare l’identità rispetto alla frammentazione sociale; s’incoraggi il controesodo con incentivi economici e riduzione delle imposte, soluzioni di smart working e co-working, innovazione agricola, turismo sostenibile, valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, piani specifici di trasporto, recupero dei borghi abbandonati, co-housing, estensione della banda larga, servizi sanitari di comunità e telemedicina».

Nel documento viene ricordato che la comunità ecclesiale resta uno dei pochi presìdi capillari rimasti in queste zone: parrocchie, Caritas e associazioni sono quotidianamente impegnate nell’accompagnare le persone e nel promuovere coesione sociale.

«La lettera — spiega l’arcivescovo di Benevento Felice Accrocca — è un contributo che offriamo al Governo e al Parlamento, perché non possiamo e non dobbiamo rassegnarci a sancire la morte di una parte significativa della nazione. Ne sortirebbe un danno per tutti. Noi crediamo che, accanto alle criticità, che pure ci sono, le Aree interne possono vantare grosse potenzialità, che devono però essere valorizzate in un progetto organico che richiede tempi anche lunghi. Una sfida che la politica deve saper cogliere se non vuole assistere al proprio fallimento. Noi siamo già presenti sul campo e siamo disponibili a offrire il nostro contributo».

don Antonio Centola,
direttore dell’Ufficio per le comunicazioni sociali

Clicca qui per leggere il testo della lettera

 

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