
Data la straordinarietà del tempo sinodale che stiamo vivendo, mentre vi chiedo di leggere il Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2022, mi permetto di offrirvi qualche pensiero per questo tempo nella nostra Chiesa diocesana.
Tutti in questo tempo siamo impegnati nel compito non facile dell’ascolto e stiamo facendo esperienza che non sempre è facile farlo, soprattutto se si decide di mettersi in ascolto di chi non è abituato a parlare perché mai gli è stato dato il diritto di farlo e di chi non siamo abituati ad ascoltare perché lontano da noi per mille motivi e per mille esperienze della vita. La fatica più grande forse è quella di ascoltare senza rispondere immediatamente, rispettando il pensiero dell’altro senza cedere alla voglia di correggere, puntualizzare, chiarire. Penso che niente ci allontana di più da una qualunque relazione, o gruppo, o chiesa, o altro di simile, della sensazione che quello che diciamo non è ascoltato, non è considerato importante. L’atteggiamento del non ascolto è un modo violento di gente che si sente troppo sicura di sé da non sentire il bisogno di ascoltare.
Non facciamoci tentare dalla domanda “a che serve ascoltare?” o da quella immediatamente legata a essa: “ …e dopo che hai ascoltato?”
L’ascolto non è un atteggiamento provvisorio, ma è la scelta di dare importanza all’altro, di dargli vita. Ascoltare è riconoscere che attorno a noi ci sono delle persone vive che avevamo dimenticato, che avevano perso la parola e dunque la vita comunitaria. Ascoltare è in un certo senso lo stesso che ridare vita.
In più ascoltare tanti altri che ci sembra non abbiano niente a che fare con noi e che pure, se li ascolti, rivelano una esistenza spesso preziosa e sorprendente e ti fanno sentire vivo.
Allora dobbiamo ascoltare tutti?
È il Vangelo che ce lo indica. La parabola del buon samaritano racconta che alla fine della giornata il samaritano arriva a una locanda dove affida il ferito alle cure di un oste lasciandogli danaro sufficiente per curarlo oltre alla promessa che sarebbe tornato per rimborsare le altre spese che l’oste avrebbe dovuto sostenere e, certo, anche per informarsi delle condizioni dell’uomo da lui soccorso. C’è un grande clima di fiducia in questa scena finale, clima che contrasta con un racconto pieno di violenza e di indifferenza; questa nuova condizione è resa possibile dalla generosità del samaritano, oltre ogni misura, dalla disponibilità dell’oste che ascolta le parole del samaritano. Dell resto l’oste non può fare altrimenti sia perché travolto dalla generosità e fiducia del samaritano, sia perché è custode della locanda, parola che traduce il greco pandocheion: casa che accoglie tutti.
Possiamo sentirci tutti come custodi della casa che accoglie tutti e dunque chiamati ad ascoltare tutti.
Ascolti storie, ascolti giudizi, ascolti pregiudizi, ascolti preghiere, ascolti pensieri, ascolti silenzi, ascolti santità, ascolti fallimenti, ma alla fine ascolti persone e ascoltandole le fai crescere dentro di te e in loro fai crescere la fiducia che la loro vita, le loro storie valgono la pena di essere raccontate.
Lo dobbiamo fare sia perché travolti dalla generosità di Cristo buon Samaritano, sia perché siamo custodi della Chiesa “pandocheion” per l’umanità.
L’impegno della nostra Quaresima: ascoltare per dare importanza, vita, consistenza a chi parla, ascoltare tutti, non parlare sulle parole dell’altro, creare fiducia, essere custodi della casa che accoglie tutti, che si fidano e di cui ci si può fidare.
Concludo con le parole di una scrittrice africana Abi Darè che alla fine del suo romanzo “La ladra di parole” che narra la storia di una bambina, per raccontare la forza di questa bambina racconta il suo sogno: “Un giorno la mia voce si sentirà forte nella Nigeria e nel suo mondo, e allora grazie a me altre ragazze si faranno sentire da tutti, con la loro voce perché so già che troverò un modo per aiutare anche loro”.
Che grande carità dare a una persona la possibilità di farsi sentire.
Il mio augurio per questa Quaresima: diventiamo “ladri” della Parola e di parole.