C’è un decennio di consuetudine silenziosa e quotidiana dietro il lavoro con cui l’autore Vittorio Nocella ha scelto di rileggere i Salmi, trasformando il proprio confronto personale con il testo biblico in quella che l’Assistente Generale dell’Azione Cattolica Italiana, mons. Claudio Giuliodori, definisce una “impresa spirituale e letteraria”. Un’impresa che l’autore stesso ridimensiona con modestia, definendola piuttosto un cammino esigente, una sorta di esercizio interiore e linguistico per non cadere nella tentazione dell’emulazione e mantenere intatto il rispetto verso gli antichi inni del Salterio.
La sua scelta nasce dalla necessità – “insopprimibile”, dice – di lasciarsi interrogare dalla forza dei Salmi. Un’esperienza che lo ha convinto a offrire ai lettori un contributo personale per far emergere, come ricorda Lutero, “l’energia, la forza, il calore e il fuoco” racchiusi in quelle pagine. Dietro il progetto editoriale, pubblicato dalla casa editrice Ave, lo scrittore riconosce il debito verso due figure decisive della sua formazione biblica: il compianto don Ettore Santoro, “profondo e acuto conoscitore” delle Scritture, e l’arcivescovo di Gaeta, Luigi Vari. Da entrambi ha appreso che, come ammoniva san Girolamo, “l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo”; un richiamo che lo ha spinto a invitare ogni lettore a un avvicinamento più consapevole ai testi sacri, come autentici “pellegrini di speranza”.
Nel suo sguardo, il Salterio è un vero vademecum dell’esistenza: un luogo in cui la natura umana è restituita senza filtri, “sine glossa”, con le sue tenerezze e le sue violenze, con la gelosia, la gioia, l’odio, la gratitudine. E proprio questa schiettezza diventa un ponte tra l’autore antico e il lettore contemporaneo. L’intimità che emerge dalla voce dei salmisti, osserva, non si traduce però in intimismo. Piuttosto apre alla dimensione relazionale della fede, a quella trama di legami tra l’uomo, Dio e gli altri, in cui si radica la bellezza del credere.
Questa prospettiva offre anche una via d’accesso per chi non si riconosce nella fede. Molti, nota l’autore, si innamorano dell’idea di Dio, più che di Dio stesso. Nei Salmi compare un volto divino sorprendente, spesso distante da quello vendicatore che l’immaginario collettivo attribuisce al Dio dell’Antico Testamento. È il volto della tenerezza: il Dio che libera i prigionieri, rialza il povero “dall’immondizia”, si prende cura degli orfani e delle vedove. È il Creatore che modella la luna e le stelle “con le dita”, ma anche il Pastore che offre “bastone e vincastro” per sostenere chi attraversa le valli oscure. Questa rivelazione di Dio è congeniale anche a chi non crede, perché il Signore si mostra vicino agli scartati più che ai potenti, a chi cade più che a chi trionfa.
Tra i temi che emergono nella sua rivisitazione spicca quello della precarietà umana, ben presente in numerosi Salmi, tra cui il 16. La fragilità – sostiene – può diventare un primo varco verso la fede, quando l’uomo scopre la necessità di un riparo che lo sorregga. Nel Salterio questo rifugio non è un’idea astratta, ma un Dio che si presenta come “roccia”, “riparo”, “difesa”. Israele si avvicinava o si allontanava da Dio a seconda delle vicende favorevoli o avverse, e spesso anche oggi i credenti vivono oscillazioni simili. Ma i Salmi rivelano l’insistenza di un “sensus fidei” profondo: la certezza che Dio non abbandona e rimane fedele alla promessa anche quando l’uomo cade, perché “la sua collera dura un istante, la sua bontà tutta la vita”.
Accanto a questa fiducia, la rilettura del libro biblico mette in scena un continuo dialogo tra la bellezza del creato e la fatica del vivere. Nei Salmi, osserva l’autore, l’estasi davanti al firmamento convive con la quotidianità dei lavori agricoli e artigianali. È un equilibrio che ricorda le parole di Kierkegaard: nei Salmi “i due mondi inconciliabili dell’umano e del divino entrano in collisione, non per un’esplosione ma per un abbraccio e un dialogo”. È proprio questo abbraccio ad aver accompagnato il suo “navigare” nell’oceano del Salterio, tra venti di tempesta e brezze leggere.
Tra i componimenti che lo hanno maggiormente segnato spicca il Salmo 103, che l’ha sospinto a intraprendere il percorso di riscrittura. Alcuni salmi gli hanno offerto slanci di entusiasmo spirituale; altri, al contrario, l’hanno posto davanti a un realismo esistenziale scomodo, capace di portare alla luce errori e omissioni che la coscienza tende a tacere. Ma è proprio questa forza interrogante, afferma, a rendere i Salmi inesauribili: un luogo dove ci si ritrova, ci si smarrisce e ci si ricompone, come in un diario che attraversa l’intera esperienza umana.
Dopo dieci anni trascorsi in questo confronto, l’autore confessa di percepire nel Salterio un orizzonte vasto, un mare che continua a chiamare. E parafrasando Leopardi, che della poesia dei Salmi fu profondo conoscitore, può dire ormai che “il naufragar m’è dolce” in quelle acque antiche, capaci ancora oggi di parlare al cuore di chi sceglie di ascoltare.
Maria Graziano,
segretaria del Consiglio Pastorale Diocesano
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L’autore
Vittorio Nocella è l’autore de Il vento e il filo d’erba. Con il libro dei Salmi, tra poesia e silenzio, pubblicato dall’editrice Ave. È un laico, attualmente aderente all’Azione Cattolica, che è nato e vive a Formia. Esordisce con raccolte poetiche e, da oltre vent’anni, concentra la sua ricerca sui temi religiosi, coltivando un profondo amore per la Sacra Scrittura. Questo percorso, al tempo stesso esistenziale e spirituale, ha dato vita a opere originali e intense. Ha pubblicato con l’Apostolato della Preghiera Magnificat; per l’Editrice Servitium L’Amore dall’inizio, meditazione poetica sul Prologo di San Giovanni, e Jehoshua, indagine narrativa sulle prime comunità cristiane. Per l’Editrice Tau ha firmato Corale del Vivente, riflessioni sull’Eucaristia.
