Inclusione è formazione

Risultati dell’indagine promossa dal servizio pastorale per l’Inclusione

Il servizio diocesano per l’Inclusione, nato nel corso dello scorso anno, ha promosso nei primi mesi del 2025 un’indagine sul tema dell’inclusione; il questionario era rivolto a tutti gli operatori pastorali, ai presbiteri, religiosi e religiose, diaconi e seminaristi e a coloro che svolgono un servizio nelle comunità parrocchiali.  Alla fine di aprile sono stati raccolti i risultati che presentiamo sinteticamente.

Hanno partecipato alla rilevazione 191 persone (67 animatori, 27 catechisti, 22 operatori impegnati in servizi parrocchiali, 28 insegnati di religione, 22 responsabili di Associazioni e Movimenti, 6 tra presbiteri e religiosi, 5 seminaristi); il 68% sono state donne e il 30 % uomini e un 2% altro; il 63% di coloro degli intervistati hanno un’età compresa tra i 18-29 anni, il 18% tra i 50-59, il 7% tra i 30-39 e il 6% tra i 40-49 e, sempre il 6% ha oltre i 60 anni. Il ruolo sociale del campione è il seguente: 31% insegnante, 17,3% dipendente pubblico, 15,2% studenti, 9,4% casalinga, 8,4% pensionato, 3,1% in cerca di occupazione e/o disoccupati, 4,2% libero professionista e 1,6% imprenditore.

Le domande principali erano due. Nella prima si chiedeva di esprimere la propria adesione alle varie e possibili riferimenti pastorali del termine “inclusione”: gli intervistati hanno così risposto. Per il 53 % inclusione è “inserire nella società persone con disagio fisico, psichico, sociale…”, il 44% è “accogliere chi è in difficoltà”, per il 42% “accogliere, accompagnare e integrare le persone LGBTQ+ (lesbiche, gay, bisex, transex, queer, ecc.)” e, infine, per il 35% “coinvolgere i lontani nella vita della comunità parrocchiale e della Chiesa”L’interpretazione del concetto di “inclusione” è per la maggioranza degli intervistati abbastanza ampio, con una propensione a una dinamica che sia più aperta sul sociale che nel campo ecclesiale. L’impegno per un’inclusione ecclesiale rimane un obiettivo abbastanza secondario, anche se finalizzato all’accoglienza e integrazione.

La seconda domanda aveva come scopo quello di portare al centro dell’attenzione il fine e il senso dell’esistenza, nella Chiesa diocesana, di un Servizio di pastorale per l’inclusione; la domanda era: “Quanto pensi sia utile per la comunità e la chiesa i servizi qui riportati?”.  Gli intervistati hanno così risposto:  il 53% ritiene molto utile che il servizio diocesano per l’inclusione si strutturi per “fornire agli operatori pastorali (catechisti, educatori, animatori…), ai seminaristi e ai sacerdoti la formazione necessaria per comprendere e accogliere le persone LGBTQ+”; come seconda voce che ha raccolto significativi consensi è stata quella di “accompagnare i fedeli LGBTQ+, che ne avvertono la necessità, nel loro cammino spirituale”: questo servizio è molto utile per il 44% degli interpellati. Abbastanza vicina a questa risposta è stata la voce “aiutare la chiesa nell’accoglienza di tutti, in particolare le persone LGBTQ+”; il 42% ritiene questo servizio molto utile; infine raccoglie il 35% delle preferenze il “promuovere nella comunità cristiana e nella società civile un approfondimento al tema LGBTQ+, anche a livello scientifico”.

Gli intervistati hanno, quindi, evidenziato la necessità che l’inclusione è inizialmente e principalmente un aprirsi ad una nuova realtà che richiede apertura interiore, conoscenza di dinamiche e realtà nuove, sempre in via di evoluzione; è necessario quindi attivare una riflessione e un confronto su stili pastorali da maturare avendo il coraggio di sperimentare, di mettersi in gioco. Tutto questo si sintetizza nella parola chiave “formazione”.

Sicuramente non vanno dimenticate gli altri servizi che dovranno accompagnare i percorsi formativi, primo quello di accompagnare i fedeli LGBT in un cammino spirituale e, affianco a questo, l’aiutare le comunità nell’accoglienza.

Il cantiere del Servizio della pastorale per l’inclusione è aperto e operante, disponibile a raccogliere indicazioni e sollecitazioni da tutti gli operatori pastorali e dai presbiteri che desiderano contribuire a questa nuova frontiera voluta e accompagnata dall’arcivescovo monsignor Luigi Vari. Fondamentale è il collegamento che la commissione ha creato con gli operatori pastorali delle persone LGBTQ+ che si impegnano nelle altre diocesi italiane: dall’esigenza di confrontarsi dei responsabili diocesani viene promosso ogni anno un convegno nazionale che si svolge ai primi di settembre a Bologna. Inoltre, i coordinatori nazionali del Convegno, insieme a tanti operatori diocesani hanno organizzato per il 5 e 6 settembre 2025 a Roma un pellegrinaggio giubilare per tutti gli operatori di pastorale e fedeli LGBTQ+. Anche la nostra diocesi parteciperà: per questo appuntamento ha messo a disposizione un responsabile per le prenotazioni e le informazioni. La commissione ringrazia tutti coloro che hanno risposto al questionario, comprendendo la necessità che la nostra Chiesa diocesana si impegni in nuovi luoghi di frontiera.

Anna Corrado e Ugo Tomassi,
membri della commissione diocesana

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