Liturgia, Il 12 aprile l’incontro per i ministri straordinari della comunione

Appuntamento per i Ministri straordinari della Comunione e l’invito al I incontro di formazione loro rivolto, che si terrà lunedì 12 aprile alle ore 19.00 sulla pagina Facebook @ufficioliturgicoarcidiocesigaeta e sul canale YouTube “Arcidiocesi di Gaeta – Ufficio Liturgico”.

Il relatore sarà Mons. Mariano Parisella, Vicario Generale.

Tematica dell’incontro: L’Eucaristia: la forza della fragilità. Riflessioni a margine del documento della Pontificia Accademia della vita sulla condizione degli anziani dopo la pandemia.

Il tema affrontato, tratto dal documento “La vecchiaia: il nostro futuro. La condizione degli anziani dopo la pandemia” della Pontificia Accademia per la Vita (che trovate in calce), è attualissimo e coinvolge in prima persona tutti i Ministri straordinari della Comunione.

Riportiamo alcuni passaggi di due interventi proposti il 9 febbraio scorso durante la conferenza stampa di presentazione del documento.

– dall’intervento di S.E. Mons. Vincenzo Paglia
[…] La pandemia da COVID-19 – che ha trovato negli anziani le vittime più numerose – ha rilevato questa incapacità della società contemporanea di prendersi cura in maniera adeguata dei propri anziani. Con la pandemia, quella cultura dello “scarto” che papa Francesco ha più volte richiamato, ha causato tragedie innumerevoli abbattutesi sugli anziani. In tutti i continenti la pandemia ha colpito innanzitutto chi è vecchio. I dati dei decessi sono brutali nella loro crudeltà. A tutt’oggi si parla di più di due milioni e trecentomila anziani morti per il Covid-19, la maggioranza dei quali ultrasettantacinquenni. Una vera e propria “strage di anziani”. E la maggioranza di essi è deceduta negli istituti per anziani.
[…] È urgente ripensare globalmente la prossimità della società verso gli anziani. Nel sistema di cura e assistenza degli anziani molto è da rivedere. Questa Nota – la terza che l’Accademia emana in relazione alla pandemia – vuole aiutare l’edificazione di un nuovo futuro per gli anziani nella società.
[…] È responsabilità della Chiesa assumere una vocazione profetica che indichi l’alba di un tempo nuovo. Non possiamo non impegnarci per una profonda visione che guidi la cura della terza e della quarta età. Lo dobbiamo ai nostri anziani, a tutti coloro che lo diventeranno negli anni a venire. La civiltà di un’epoca si misura a partire da come trattiamo chi è più debole e fragile. La morte e la sofferenza dei più vecchi non possono non rappresentare una chiamata a fare meglio, a fare diversamente, a fare di più. Lo dobbiamo ai nostri ragazzi, a chi è giovane e all’inizio della vita: educare alla vita del Vangelo significa anche insegnare che la debolezza – anche quella dei vecchi – non è una maledizione ma una via per incontrare Dio nel volto di Gesù Cristo. La fragilità, con gli occhi del Vangelo, può diventare una forza e uno strumento di evangelizzazione.
La Chiesa, maestra di vita, dovrà sempre più reinterpretare – all’interno di un mondo nuovo e in evoluzione – la propria vocazione ad essere un modello e un faro per tante famiglie e per l’intera società perché chi invecchia sia sostenuto e aiutato nel rimanere a casa propria e comunque a non abbandonarlo mai.

 

– dall’intervento di Mons. Bruno-Marie Duffè
[…] Gli anziani sono la nostra memoria e, di conseguenza, sono, paradossalmente, la nostra speranza. Se ci basiamo sulla loro esperienza e sulle loro scoperte, possiamo continuare l’avventura della storia umana. Infatti, con la memoria, la speranza è possibile. Il paradosso è, dunque, questo: gli anziani sono sempre un passo avanti. Hanno già attraversato i luoghi che stiamo attraversando noi e possono dirci cosa produrranno certe esperienze che viviamo per la prima volta.
La cultura tecnicista, che pone al centro del pensiero e della vita l’efficacia immediata, ci porta spesso ad abbandonare gli anziani, a considerarli meno «produttivi». […] In questa cultura, gli anziani sono, per definizione, «persone ormai al capolinea».
Da ciò una duplice conseguenza: gli anziani, che non partecipano più direttamente ai processi di produzione economica, non sono più considerati una priorità nella nostra società. […] L’altro aspetto di questa stessa conseguenza è la rottura del legame tra le generazioni: bambini e giovani non possono più incontrare gli anziani, tenuti in stretto confinamento. Questo a volte porta a veri e propri disturbi psichici in alcuni bambini o giovani che hanno bisogno di stare con i loro nonni, così come i nonni hanno bisogno di stare con i loro nipoti, altrimenti moriranno di un altro virus: il dolore.
Possiamo, dunque, affermare che l’emergenza sanitaria ha portato alla luce una componente importante della relazione sociale. La capacità di raccogliere la sfida della vita – le sue incognite e le sue gioie – si basa, in parte, sull’ispirazione, propria del dialogo tra generazioni: un dialogo che può essere fatto di parole o di silenzio, del disegno offerto da un bambino, che ancora fa sognare l’anziano, o dalla tenerezza dei loro sguardi, che si incrociano e si incoraggiano a vicenda.
Il sogno e la tenerezza: ecco di cosa si tratta. Se gli anziani continuano a sognare, i più giovani possono continuare a inventare. Se lo sguardo dell’anziano incoraggia dolcemente i progetti del più giovane, entrambi vivranno nella speranza che supera le paure.